Cosa sono i 400Hz, 800Hz o 1000Hz nelle TV e a cosa servono: ecco la guida:

Come abbiamo avuto modo di vedere, esaminando il funzionamento del local dimming, le TV odierne sono ormai dispositivi molto complessi, che utilizzano molteplici tecnologie, per ricreare le immagini a video. Uno degli aspetti che spesso confonde gli utenti è relativo alle diciture che accompagnano ormai la maggior parte dei modelli. Ci riferiamo ai vari 400Hz, 800Hz, 1000Hz (o più), spesso definiti anche con nomi differenti, a seconda del produttore. Possiamo quindi passare dai 2.300 Picture Mastering Index di LG al Motionflow XR 800 di Sony, dal BLS IFC PRO 4K a 3.000 Hz di Panasonic al Picture Quality Index 2.400 di Samsung. Potremmo continuare ancora, ma il quadro è ormai chiaro: le implementazioni proprietarie, relative a questo particolare aspetto, rendono piuttosto difficile capire cosa si celi dietro a queste definizioni.

In questo articolo cercheremo di capire cosa indicano queste sigle, come funzionano in concreto ed a quali funzioni sono preposte. Prima di iniziare, è necessaria una premessa, per conoscere uno dei principi base dell'occhio umano, nonché la differenza tra la frequenza di aggiornamento nativa di un pannello (il cosiddetto refresh rate) e le funzioni proprietarie summenzionate.

La frequenza di aggiornamento dei pannelli

ony Z4500: uno dei primi TV a fregiarsi del logo "200Hz"

E' bene chiarirlo immediatamente: la frequenza di aggiornamento dei pannelli non è quella riportata nelle diciture che abbiamo riportato in apertura dell'articolo. Quando si legge di TV con 400Hz, 800Hz o più, non ci si riferisce al reale refresh rate, che è decisamente più basso. La frequenza reale può variare tra 50Hz, 100Hz o 200Hz (60Hz, 120Hz e 240Hz per il mercato Nord Americano: non cambia nulla, semplicemente si utilizzano, come unità di misura, i 60Hz al posto dei 50Hz). Tutti i numeri più elevati si riferiscono ad elaborazioni effettuate dall'elettronica delle TV, ma non hanno alcuna relazione diretta con il refresh rate. Va inoltre sottolineato che esistono, sul mercato, TV che utilizzano anche le diciture 100Hz o 200Hz per indicare non la frequenza di aggiornamento, ma le elaborazioni che abbiamo appena menzionato. Distinguere la frequenza reale dal resto non è generalmente complicato: come abbiamo visto, i produttori attribuiscono solitamente un nome proprio alle elaborazioni. Quando si trova solamente un dato numerico, si tratterà quasi sempre del refresh rate. E' quindi evidente che i 400Hz o più svolgono una funzione differente: il motivo per cui vengono utilizzati è legato alla gestione delle immagini in movimento. Per comprendere la ragione, è necessario capire come l'occhio umano percepisce le immagini dinamiche e come vengono mostrate le immagini sulle TV.

La persistenza delle immagini a video e sulla retina

Il menu relativo alla funzione Motion Plus su un TV Samsung

Senza addentarci troppo in argomenti complessi, basti sapere che l'occhio umano fatica a mantenere i dettagli perfettamente a fuoco, quando si concentra su oggetti in rapido movimento. Un esempio molto banale lo si può avere muovendo rapidamente una matita: non solo non risulterà perfettamente a fuoco, ma addirittura sembrerà piegarsi in modo innaturale, se si compiono movimenti sufficientemente veloci. Esiste un solo modo per ridurre questo fenomeno, e consiste nel diminuire il tempo di persistenza delle immagini sulla retina. Se riprendiamo l'esempio della matita, e ripetiamo le stesse azioni, ma con una luce intermittente, il dettaglio percepito aumenterà visibilmente.

Questo aspetto si lega direttamente al modo con cui i TV visualizzano le immagini a video. I CRT (tubo catodico) ed i Plasma avevano proprio una natura intermittente: nei CRT le immagini vengono disegnate effettuando una scansione, mentre nei Plasma i pixel compiono cicli di accensione e spegnimento, tra un fotogramma ed il successivo. Ciò significa che un fotogramma non viene mostrato ininterrottamente, fino al successivo aggiornamento del pannello. LCD e OLED (i modelli realizzati fino ad ora), invece, hanno un funzionamento che viene definito sample&hold. Ciascun fotogramma viene mantenuto a video fino a quando non viene sostituito dal successivo (quindi fino al successivo aggiornamento del pannello). Ne consegue una persistenza decisamente più prolungata. E' proprio per questo motivo che si fa ricorso ad elaborazioni dell'immagine, in modo da ridurre la persistenza a video (e quindi anche sulla retina) dei singoli fotogrammi. Le tecnologie utilizzate per queste finalità vengono raggruppate sotto il nome di compensazione del moto (o motion compensation).

Per i soli LCD, inoltre, c'è da tenere presente un ulteriore aspetto: il tempo di risposta dei cristalli liquidi non è istantaneo (in realtà non lo è nemmeno sugli OLED, come non lo era sui Plasma, ma per queste due tecnologie si parla comunque di intervalli di tempo estremamente bassi). Un tempo di risposta troppo elevato causa effetto scia (o ghosting), aumentando le sfocature sulle immagini in movimento. Fortunatamente la maggior parte delle TV LCD offre ormai un tempo di risposta più che buono, rendendo le scie quasi sempre assenti. Non possiamo però parlare di tempi prossimi allo zero, ed ecco quindi che anche questo aspetto contribuisce a diminuire (anche solo in maniera estremamente marginale) il dettaglio nelle immagini in movimento.

La compensazione del moto: definizione e tipologie

La compensazione del moto comprende varie tecnologie, tutte mirate ad una più efficiente gestione delle immagini in movimento. La finalità, come abbiamo visto, è principalmente la stessa: ridurre il tempo in cui un singolo fotogramma viene visualizzato a video. I risultati, invece, differiscono sostanzialmente. Le possibili implementazioni si possono raggruppare in tre categorie: interpolazione dei frame (o frame interpolation), backlight scanning e blackframeinsertion (noto anche come dark frame insertion o con l'acrononimo BFI). Tutte queste soluzioni operano in modo differente, con specifici vantaggi e svantaggi.

L'interpolazione dei frame: funzionamento, pro e contro

Un esempio di interpolazione dei frame

L'interpolazione dei frame opera aggiungendo fotogrammi alla sorgente originale. L'elettronica analizza la sorgente in ingresso e, in tempo reale, provvede ad applicare algoritmi capaci di predire come evolveranno i movimenti, in modo da poter creare uno o più frame intermedi, tra un fotogramma ed il successivo. La bontà e l'intensità variano a seconda dell'elettronica e degli algoritmi in uso: i sistemi più evoluti, ad esempio, analizzano il moto lungo tutti gli assi. L'aumento del numero di fotogrammi è ciò che distingue l'interpolazione dei frame dalle altre tecnologie per la compensazione del moto. Aumentando il numero di fotogrammi si ottiene, naturalmente, una minore persistenza di ciascuno di essi sullo schermo. Non è però l'unico effetto: anche la fluidità subisce un incremento (è del resto intuitivo: il numero dei fotogrammi e la fluidità sono direttamente collegati),proporzionale al numero di frame creati ex-novo.

Schema che rappresenta il funzionamento del Motionflow 100Hz (seconda riga) e del Motionflow 200Hz (terza riga)

Più fotogrammi vengono aggiunti, più diminuisce la persistenza a video degli stessi (con un proporzionale aumento nel livello di dettaglio), incrementando la fluidità del video. L'interpolazione, dunque, altera l'originale fluidità in modo piuttosto rilevante, specialmente se spinta ai livelli più alti (ove disponibili: in genere vi sono più livelli di funzionamento). E' quindi utile non solo per aumentare il livello di dettaglio, ma anche per eliminare i microscatti delle pellicole cinematografiche. Queste ultime sono realizzate a 24 fotogrammi al secondo, e pur non potendosi definire propriamente affette da scatti, non sono sicuramente fluide (la differenza, rispetto ad un video a 50 o 60 fotogrammi al secondo è evidente). Su questo punto, però, non c'è unanimità di giudizio: c'è chi preferisce rendere più fluida la visione dei film in Blu-ray, per ottenere una rappresentazione più aderente alla realtà, e chi non tollera questo tipo di intervento, preferendo preservare la natura "cinematografica" del materiale originale.

Come qualsiasi elaborazione video, anche l'interpolazione dei frame è non priva di controindicazioni. Analizzare un flusso video in tempo reale, creando nuovi fotogrammi, non è un compito semplice. Se si mantiene il funzionamento su livelli medio-bassi, generalmente non si riscontrano particolari problematiche. Se però si eccede (o si utilizzano sistemi meno efficaci: generalmente tutte le implementazioni sono proprietarie, quindi le prestazioni possono variare anche in maniera consistente), si ottiene come risultato la generazione di un certo numero di artefatti. I più comuni riguardano i bordi delle immagini, con soggetti od oggetti caratterizzati da aloni (è il cosiddetto effetto halo, particolarmente visibile quando i soggetti in primo piano si muovono su sfondi anch'essi in movimento), oppure la perdita di compattezza di alcuni dettagli. Nei casi più gravi si possono riscontrare macroblockin'g (l'immagine si scompone in una sorta di grandi "quadrati") ed errori di varia natura (con moiréed altri difetti), oltre ad un evidente incremento nell'insorgenza di difetti (che si notano più di frequente). E' quindi generalmente sconsigliabile un utilizzo a livelli troppo elevati, specialmente sulle sorgenti che contengono, in origine, un minor numero di fotogrammi (il materiale a 24fps, quindi i film, è generalmente il più critico).

Una sequenza del film "Il cavaliere oscuro", particolarmente adatta per valutare l'interpolazione dei frame

Una scena molto utile, per valutare l'impatto dell'interpolazione, è quella presente nel film "Il cavaliere oscuro", in particolare la sequenza in cui l'elicottero vola tra i tetti di Hong Kong, atterrando poi su un grattacielo. Sono da osservare, in particolare, l'elica dell'elicottero ed i palazzi che si muovono sullo sfondo (si possono notare sia gli eventuali difetti, sia l'efficacia degli algoritmi nel recuperare dettaglio).

Un altro effetto negativo è legato all'incremento dell'input lag: è lo stesso discorso che abbiamo riportato nella guida sul local dimming. Anche in questo caso abbiamo un intervento gravoso a carico dell'elettronica: ne consegue un peggioramento nella reattività ai comandi, ed infatti è spesso impossibile abilitare l'interpolazione dei frame nelle modalità dedicate ai videogiochi.

La backlight scanning: funzionamento, pro e contro

Funzionamento della backlight scanning su un TV LCD Panasonic

La scanning backlight, come abbiamo visto parlando del local dimming, è una delle tecnologie per il controllo della retroilluminazione. Si tratta, nello specifico, di 1d dimming, che controlla la retroilluminazione lungo un segmento, su tutta la dimensione del pannello. Questa soluzione permette di pilotare solo porzioni orizzontali della retroilluminazione, simulando la scansione di una TV a tubo catodico. Anche in questo caso il funzionamento è direttamente legato ad elettronica ed algoritmi: soluzioni più evolute possono operare con più efficacia. Simulare la scansione di una TV CRT permette di ridurre la permanenza di singoli frame a video, senza alterare in alcun modo la fluidità (il numero di fotogrammi resta immutato: si agisce solo sulla retroilluminazione). E' quindi evidente che la backlight scanning non può essere utilizzata per ridurre i microscatti presenti nei film.

I vantaggi connaturati all'utilizzo di questa tecnologia sono la mancanza di artefatti (non c'è un'elaborazione di nuovi fotogrammi: l'elettronica analizza le immagini solo per regolare la retroilluminazione) ed un impatto minimale sull'input lag (l'elettronica non deve elaborare una mole troppo elevata di dati). Per contro, si riscontrano due aspetti negativi: il primo riguarda il flickering. La backlight scanning aggira le problematiche create dal funzionamento sample&hold, evitando di mantenere sempre accesa la retroilluminazione su tutto il pannello. I cicli di accensione e spegnimento, pur non effettuati globalmente su tutto il pannello), portano a percepire una variazione nella luminosità, sia in termini assoluti (è del tutto intuitivo: se alcuni segmenti del pannello sono spenti, anche solo per alcuni istanti, il quantitativo di luce emesso è minore), sia in termini di stabilità delle immagini, che infatti sembrano leggermente "tremolanti". Generalmente l'effetto non è molto marcato, proprio per il fatto che la retroilluminazione varia coinvolgendo solo alcuni segmenti.

Il black frame insertion: funzionamento, pro e contro

Schema del funzionamento del black frame insertion, paragonato all'interpolazione dei frame

Il black frame insertion è letteralmente l'aggiunta di un fotogramma nero alle immagini. In pratica è una sorta di versione più estrema (o meno raffinata, a seconda dei punti di vista) della backlight scanning. Anziché modulare la retroilluminazione a segmenti, si alternano i fotogrammi, contenuti nella sorgente, con schermate nere. Alternare fotogrammi a schermate nere comporta, ovviamente una minore persistenza a video dei singoli frame, elevando il dettaglio percepito.

Vantaggi e svantaggi sono praticamente gli stessi che abbiamo descritto per la backlight scanning. Le differenze consistono, principalmente, nella diminuzione della luminosità e nel flickering, che con il black frame insertion possono risultare più evidenti (ma questo dipende molto dai sistemi utilizzati: va anche precisato che una backlight scanning meno evoluta comporterà meno problematiche, ma recupererà anche meno dettaglio). Ancora una volta non si riscontra un significativo impatto sulla risposta ai comandi, poiché alternare fotogrammi e schermate nere non è un compito gravoso, per l'elettronica.

La combinazione di tutte le tecnologie: come varia la percezione delle immagini in movimento

Schema del funzionamento del Motionflow di Sony

Dopo aver analizzato le tecnologie applicabili per la compensazione del moto, non ci resta che quantificarne i benefici. La prima cosa da sapere è che, per raggiungere il risultato desiderato (la percezione di un maggior livello di dettaglio, nelle immagini in movimento), è possibile perseguire varie vie. I produttori di TV possono utilizzare una o più tecnologie, simultaneamente, per migliorare la resa dei pannelli. E' quindi possibile trovare modelli provvisti di sola interpolazione dei fotogrammi (che è il metodo più diffuso), ma esistono anche prodotti che combinano tutte le tipologie di interventi. Praticamente tutti i sistemi più evoluti utilizzano quest'ultima opzione: è per questo motivo che si raggiungono anche più di 1000Hz, poiché si somma, idealmente, l'apporto dato da ogni tecnologia (il ragionamento alla base è: utilizzando X + Y + Z, si ottiene un risultato simile a quello di una TV con refresh rate a 1000Hz). La backlight scanning, inoltre, può anche essere impiegata per ridurre il crosstalk (sovrapposizione tra immagini per occhio destro e sinistro, durante la visione di immagini 3D) nei TV con occhiali attivi.

Come si quantifica l'apporto dato dalla compensazione del moto? I TV sample&hold (come abbiamo menzionato in precedenza, al momento non c'è differenza tra LCD e OLED) sono in grado di mostrare circa 300 - 400 linee di dettaglio, con immagini in rapido movimento. Con l'apporto dell'interpolazione dei fotogrammi, della backlight scanning e del black frame insertion, il dettaglio può aumentare fino ad almeno 1080 linee (i test per i pannelli Ultra HD sono ancora praticamente non disponibili). SI tratta dunque di un netto miglioramento, che però, come abbiamo visto, deve essere rapportato anche all'efficacia degli interventi. Se la metodologia di base è infatti identica per tutti i produttori, l'applicazione è differente e legata a soluzioni proprietarie, che possono essere più o meno efficaci, nel recuperare dettaglio, come anche nel contenere i difetti legati alle singole tecnologie. Per l'interpolazione è fondamentale disporre di ottimi algoritmi e di elettronica di buon livello, mentre per backlight scanning e soprattutto black frame insertion è essenziale un pannello molto luminoso (per contenere meglio la perdita di luminosità). Nella maggior parte dei casi si tratta di trovare il giusto bilanciamento tra aumento del dettaglio e una ridotta incidenza degli effetti negativi, anche nel rispetto dei propri gusti personali (c'è chi non tollera l'aumento della fluidità e chi mal digerisce il flickering).

Conclusioni

Quando si parla di "Hz", in riferimento alle TV, occorre non farsi confondere da diciture purtroppo non molto chiare. I numeri elevatissimi, spesso riportati in evidenza nelle specifiche dei singoli modelli, non sono riferiti (come si sarebbe portati a pensare) alla frequenza di aggiornamento dei pannelli. Si tratta, invece, di elaborazioni video di vario tipo, tutte riconducibili a quella che viene definita compensazione del moto. Le tecnologie che fanno riferimento a questa definizione vengono utilizzate per aumentare il dettaglio delle immagini in movimento, risolvendo limiti in parte connaturate all'occhio umano, in parte riconducibili al funzionamento delle TV. L'efficacia va valutata sul singolo modello: un numero più elevato non implica necessariamente migliori prestazioni (anche se è un metro di paragone valido tra TV realizzate dallo stesso marchio), perché si tratta del nome attribuito dal produttore, non di una misurazione ufficiale. Da valutare, in fase di acquisto, anche la suscettibilità ai difetti che queste tecnologie possono provocare: la tolleranza personale può variare significativamente, portando a preferire un certo tipo di soluzione, a discapito delle altre.

Si ringrazia per l'articolo: Nicola Buriani di: HDblog.it

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